Alcologiarassegna stampa su vino, birra e altri alcolici del 5 agosto 2024

5 Agosto 2024
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RASSEGNA STAMPA SU VINO, BIRRA E ALTRI ALCOLICI

A cura di Roberto Argenta, Guido Dellagiacoma, Alessandro Sbarbada

CORRIERE DEL TICINO

Aggressioni

L’alcol non è l’unica variabile, ma è comunque la più pericolosa

Non si parla a sufficienza dell’influenza dell’alcol e delle sostanze
stupefacenti sui comportamenti violenti – In Ticino non c’è neppure
un’indicizzazione, mentre sul piano nazionale i dati ci sono e sono
preoccupanti

Paolo Galli

Un litigio lungo due ore. «Ti ammazzo». «Ti apro in due». E poi
l’accoltellamento. È successo a Mendrisio nel 2023, e nelle scorse settimane
è arrivato il verdetto. Lei ha agito sotto l’influsso di droga, lui – la
vittima – aveva un tasso alcolemico di oltre il 3 per mille. È un caso –
certo, tra i più drammatici – tra i tanti, purtroppo.

Il problema nel problema è che, dell’influenza dell’alcol e delle sostanze
stupefacenti sui comportamenti violenti, non se ne parla quanto si dovrebbe.
In Ticino non c’è neppure un’indicizzazione in questo senso. Sul piano
nazionale, invece, non mancano i dati. E sono preoccupanti. L’Ufficio
federale della sanità pubblica (UFSP), nella sua scheda informativa, datata
2014, ne parlava chiaramente: «Studi nazionali e internazionali dimostrano
l’esistenza di una forte correlazione tra abuso di alcol e violenza. Le
persone con un consumo problematico di alcol presentano un rischio
sensibilmente maggiore di commettere reati di violenza. Il rischio di essere
coinvolti in qualità di vittima o di autore in un atto di violenza aumenta
con il consumo di alcol». L’abuso di alcol non può essere considerato quale
unica variabile per spiegare gli atti di violenza, ma è una componente
ricorrente.

Un ruolo scatenante

Rimanendo allo studio in questione, venivano riportate alcune percentuali.
Quelle più elevate riguardavano: disturbo della quiete pubblica (78% dei
casi risultavano legati all’alcol), litigi (74%), lesioni personali (73%),
vie di fatto (70%). «Un’analisi secondaria dei dati raccolti in diversi
sondaggi indica che l’alcol svolge un ruolo importante in circa un terzo di
tutti i reati di violenza». E poi di più: in un quarto delle coppie con
problemi di violenza domestica, «comportamento violento e consumo di alcol
sono concomitanti». Il tema è ben analizzato e riassunto nel quaderno
tematico redatto dallo stesso UFSP, «Alcol e violenza domestica in
Svizzera». Qui viene citato uno studio nazionale del 2013, secondo cui
«circa il 50% dei partner o degli ex partner violenti presenta un consumo
problematico di alcol. In un caso su quattro, l’autore del reato lo ha
commesso sotto l’influsso dell’alcol». Secondo l’OMS, fra tutte le sostanze
psicotrope, l’alcol è quella il cui consumo è correlato più strettamente al
comportamento aggressivo. E spesso viene consumato con altre sostanze. Nel
26 per cento dei reati sessuali commessi in Svizzera, l’alcol gioca un suo
preciso ruolo scatenante. E lo stesso, ma con percentuali decisamente più
alte, vale per gli atti che coinvolgono gruppi. Agenti di polizia
asseriscono infatti che l’alcol svolge un ruolo importante negli atti di
violenza soprattutto in occasione di feste in bar o pub (85%), di
manifestazioni sportive (76%) e di eventi speciali in giornate festive
(74%). (*) Manca il dato sugli omicidi: ebbene, «al momento dei fatti, il
31% degli indiziati è sotto l’influsso dell’alcol o di altre sostanze
psicotrope», come sottolinea l’Ufficio federale di statistica.

La violenza domestica

Tornando ai dati relativi alla violenza domestica, abbiamo interpellato
Marina Lang, psicologa della Polizia cantonale e responsabile del Centro
competenza violenza. Sì, perché riprendendo il quaderno tematico dedicato
dall’UFSP al tema, «tenendo presente che circa il 25 % degli indiziati
arrestati dalla polizia era sotto l’influsso dell’alcol al momento del
fatto, nel 2022 sono stati all’incirca 5.000 i reati violenti commessi in
ambito domestico sotto l’influsso dell’alcol». Già, non fosse però per il
fatto che, come evidenziato da vari studi internazionali, gli esperti
presumono che un reato violento su due in ambito domestico avvenga sotto
l’influsso dell’alcol. Il numero di episodi sarebbe quindi di molto maggiore
rispetto a quei 5.000 registrati dalle statistiche. Il fenomeno, in qualche
modo, sfugge ai numeri, va oltre i dati nudi e crudi. E ci chiama in causa.
Chiama in causa la responsabilità individuale. Marina Lang: «Sì, è un
aspetto centrale, quello della responsabilità individuale. Questa è la
chiave. L’alcol è d’altronde tanto diffuso che non riusciamo a leggerne
tutte le dimensioni. Ma è qui che dobbiamo interrogarci e intervenire». La
psicologa spiega come, in molti casi, le persone autrici di violenza, una
volta messe a confronto con gli effetti dell’alcol sulla loro personalità,
quasi si stupiscano, faticando a riconoscersi. Lang parla di «barlumi di
consapevolezza», che sono poi gli indispensabili grimaldelli verso un
percorso di presa a carico.

Manca un freno agli impulsi

In merito alla presa in carico, be’, ci arriveremo. Marina Lang intanto ci
spiega come la correlazione, tra alcol e violenza domestica, sia presente.
«La vediamo sul terreno», dice. E ci parla di due motivazioni, una diretta e
una indiretta. La prima è che «l’alcol altera la nostra soglia di controllo
degli impulsi, riduce le facoltà cognitive di inibizione, e nel soggetto
vengono meno quelle capacità di dialogo e di tolleranza». Viene a mancare un
freno agli impulsi. Ed ecco affiorare la violenza, l’impossibilità di
considerare, di valutare, la forza adoperata. Ma c’è anche una dimensione
indiretta, si diceva, nell’ambito della violenza domestica. «Sappiamo che là
dove c’è il consumo regolare di alcol, c’è anche un’aumentata conflittualità
della coppia». E il consumo spesso è condiviso da autore della violenza e
vittima. Proprio come nel caso da cui siamo partiti. «L’alcol a volte
diventa una sorta di automedicazione in chi vive condizioni di sofferenza
generate dalla violenza».

I passi da giganti

La polizia come può intervenire in maniera preventiva, o comunque in fase di
presa a carico? Marina Lang sottolinea i «passi da gigante compiuti
nell’ambito della gestione della minaccia, con tutta una serie di strumenti
di valutazione a disposizione degli agenti e degli psicologi».
Nell’esperienza accumulata sui casi registrati e riportati in letteratura,
emergono fattori statici e fattori dinamici. «I fattori statici consistono
nella storia del soggetto, quindi i precedenti di violenza, e nei tratti
della sua personalità». L’allarme più acuto scatta quando tra i precedenti
emergono in particolare prese al collo e violenza su donne incinte, e quando
tra i tratti figurano il controllo e l’impulsività. E i fattori dinamici:
«Che cosa succede oggi nella vita di questa persona? Consuma alcol? È in
possesso di armi da fuoco? C’è una separazione in atto?». I fattori più
pericolosi, in questo caso, sono proprio alcol e separazione in atto. Sulla
base della combinazione dei vari fattori, la polizia – a cominciare dal
singolo agente che interviene per primo sul posto – si attiva.

Strumenti più raffinati

«Sono stati fatti grossi passi avanti, gli strumenti in nostro possesso si
sono raffinati e gli agenti sono maggiormente formati in questi contesti
nell’individuare precocemente i fattori di rischio», tra cui l’alcol. Il
Centro competenza violenza valuta i fattori di rischio e trasmette i casi
considerati ad alto rischio al Gruppo di prevenzione e negoziazione, il
quale a sua volta segue e orienta i soggetti verso la rete di attori sul
territorio che si occuperà della presa a carico. L’approccio da parte degli
agenti, fino a qualche anno fa, era più generico, ma poi si è capito,
sottolinea ancora Lang, che «la chiave per gestire la violenza consiste
proprio nel capire su cosa poggia». L’alcol, un disagio sociale o familiare,
un disturbo psichico. Le variabili, come detto, sono molte, e spesso – ma
non sempre – correlate. Poi non sempre la correlazione tra consumo di alcol
e violenza può essere data per scontata. Come ricorda lo stesso UFSP, «non
tutte le persone che abusano di alcol diventano anche violente». L’origine
della violenza – è un’osservazione, soltanto all’apparenza banale, dell’OMS
– è complessa, molti i fattori di influenza.

Gli operatori di prossimità

Fin qui parliamo di quei casi identificati dalle autorità. Ma c’è anche un
mondo sommerso. Marina Lang ci ricorda la figura dell’iceberg, «di cui
vediamo solo la vetta, la parte emersa. Sappiamo che all’attenzione della
polizia giunge solo il 20-30% dei casi di violenza domestica. Il nostro
obiettivo è raggiungere la cifra sommersa». È uno degli obiettivi pure di
Ingrado, naturalmente. Marcello Cartolano, vicedirettore del centro di
competenza, infatti spiega che Ingrado ha diversi strumenti, sul campo,
anche al di là dei concetti di informazione e prevenzione, per riconoscere
la marginalità, la precarietà, di alcune situazioni, «in cui c’è chi annega
nell’alcol il proprio male di vivere». E cita «gli operatori di prossimità e
i consulenti, quelle figure che operano nei luoghi di aggregazione e di
consumo, che intercettano eventuali casi e li orientano verso i servizi come
Ingrado, li rendono attenti su atteggiamenti a rischio. Fanno insomma un
lavoro di riduzione del danno».

Percorso molto complesso

Anche in termini di comportamenti aggressivi e violenti. Cartolano conferma
la correlazione (non scontata, va detto e ripetuto) tra alcol e rischio di
violenze, «data da tutta una serie di studi e riconosciuta anche dalla
popolazione». Ma quando si può parlare di un consumo pericoloso di alcol?
«Parliamo di consumo problematico quando il consumo mette in pericolo la
salute, ma anche quando causa, nei confronti di sé stessi o di terzi, altre
problematiche, appunto come le violenze. Il consumo problematico può essere
quello regolare, quindi su alti quantitativi e alte frequenze, una vera e
propria malattia, ma può anche essere quello episodico, ma eccessivo e
inadeguato alle situazioni». Associazioni e istituzioni come Ingrado si
occupano di gestire questi casi, quando vengono alla luce. «Ma è importante
dire e ripetere che, quando si diventa alcolisti, quando non si riesce più a
vivere senza bere alcol, il percorso di accompagnamento verso la cura non
sempre si conclude con un successo. Se ci si mette molto a raggiungere lo
stato di dipendenza, una volta che si sviluppa la malattia da alcol il
percorso per uscirne è ancora più lungo, e molto complesso. L’alcol è una
delle dipendenze più nefaste da curare», sottolinea ancora Cartolano. (**)

Il trattamento terapeutico

Insomma, la questione alcolica è molto complessa. E non è certo una novità.
Ma anche rivolgersi a servizi come Ingrado non è scontato. Anzi. «È uno dei
passi che sono parte di un cammino verso la consapevolezza, un cammino molto
lungo», riconosce Marcello Cartolano. «È infatti più frequente che si
rivolgano a noi persone vicine a chi ha problemi di alcol, i cosiddetti
codipendenti. E capita che le problematiche che ci vengono presentate siano
già inoltrate, a un livello importante insomma». E il percorso di presa a
carico, di cura, ha proprio, quale obiettivo, di portare le persone verso la
consapevolezza, «affinché valutino eventuali situazioni che stanno
compromettendo la loro salute fisica o le loro relazioni. Al di là della
violenza, spesso sono già in atto problematiche diverse interne alla coppia,
in famiglia, ma anche sul lavoro». Il trattamento terapeutico ha «un
approccio bio-psico-sociale, che permette una lettura complessiva del
problema alcol e di come amplifica caratteristiche personologiche già
presenti». Non è la prima volta che, parlando con Marina Lang e con Marcello
Cartolano, arriviamo a citare la «consapevolezza».

Questione totalizzante

Sembra questa la chiave, oltre che l’obiettivo. Ma rimaniamo convinti che,
in termini anche preventivi, se si parla spesso dell’alcol come pericoloso
per la salute, forse non si ragiona abbastanza sui rischi che l’assunzione
di alcol provoca nei confronti dei codipendenti. Cartolano sottolinea allora
il Programma di azione cantonale, il quale vuole proprio mettere l’accento
sui comportamenti virtuosi, in modo da «rendere consapevole la popolazione
su quelli che sono le responsabilità individuali e i possibili rischi, anche
al di là della salute». Anche perché, come sottolinea il vicedirettore di
Ingrado, «non esiste un consumo di alcol a basso rischio. E poi la questione
alcol è totalizzante, ha connotazioni culturali, sociali, antropologiche.
C’è tutta una cultura legata al consumo di alcol che rende delicato il
trattamento del tema. Ma di fronte a una disfunzionalità, dobbiamo lavorare
con le persone affinché siano consapevoli che comunque l’alcol non ha
risposte, dobbiamo trattare il problema considerando le singole persone, con
le rispettive storie, e i rischi. L’OMS ha decretato che non esiste un basso
rischio nel consumo di alcolici. Poi ognuno è libero di decidere quali
rischi assumersi, ma è giusto informare che la libertà di consumare alcolici
può innescare atteggiamenti diversi in individui diversi, compresa la
violenza».

Il policonsumo

La dipendenza da alcol, oggi, non è così diversa da quello che era ieri. Ma
ci sono alcuni elementi tutto sommato nuovi, generati dalla società moderna,
come ci conferma ancora Cartolano. «Quello che è cambiato, oggi, è che si è
inserito l’innesto di altre tipologie di consumo addizionate a quella di
alcol. Basti citare l’aumento di abusi di farmaci non prescritti. Un aumento
che corrisponde, di conseguenza, anche a una più elevata complessità di
gestione. E poi, anche a causa della pandemia e di tutto ciò che ne è
seguito, in termini di salute mentale, c’è questa illusione di dover avere
sempre risposte immediate a qualsiasi richiesta». Insomma, è aumentata la
complessità anche nel trattare queste situazioni. «Sì, una volta avevamo
trattamenti focalizzati, oggi si parla di policonsumo, dove l’alcol è una
sorta di brodo, quasi sempre presente». La complessità nel trattare queste
situazioni si traduce anche nella complessità nel trattare i comportamenti
che ne conseguono, quindi pure la violenza, specie se sommersa».

(*) Nota: sono dati clamorosi, che confermano la necessità, se si vuole
prevenire tutta questa sofferenza umana, di agire sulla cultura che associa
convivialità e divertimento con bevute alcoliche.

(**) Nota: l’approccio ecologico sociale, ideato e sviluppato da Vladimir
Hudolin, ha superato il concetto di malattia e di dipendenza, dimostrando
che, attraverso la frequenza costante dei Club da parte delle famiglie
coinvolte nel problema, recuperare benessere e serenità è possibile.

CORRIERE DEL TICINO

L’intervista

«La medicina riconosce tutti i rischi»

Le politiche di salute pubblica del Cantone, per quanto riguarda l’alcol,
sono contenute nel Programma d’azione «Prevenzione alcol, tabacco e prodotti
affini»

Ne parliamo con il medico cantonale Giorgio Merlani

Paolo Galli

Dottor Merlani, nel Programma 2021-2024, si parlava ancora, soprattutto, di
alcol in relazione alla salute. Mi sa dire se il tema delle violenze, quindi
del rischio che l’alcol inneschi comportamenti aggressivi e poco
responsabili, rientra nella politica di prevenzione del Cantone?

«Sì e no. Prima di tutto, va definito che cosa intendiamo con “consumo
problematico”. C’è un problema quando il consumo pone difficoltà
all’individuo e a chi gli sta accanto, dal punto di vista sanitario
chiaramente, ma non solo. I problemi possono toccare anche il suo lavoro,
l’attività che svolge, ma possono avere una matrice sociale, nelle relazioni
quindi, che siano familiari o rispetto alla cerchia di frequentazioni. E tra
questi problemi vi è, senza dubbio, anche l’aspetto delle violenze,
dell’aggressività generata dal calo delle inibizioni. Per cui, la medicina
riconosce già che i danni dell’alcol possono essere diretti – legati quindi
alla tossicità della sostanza – ma possono anche esporre l’individuo a
rischi maggiori in ambito sociale. Basti pensare ai rischi legati alle
malattie sessualmente trasmissibili: è stato appurato un legame tra l’abuso
di alcol o di altre sostanze e queste patologie. Noi non affrontiamo quindi,
nello specifico, il problema alcol in relazione alle violenze che può
generare, ma in quanto fenomeno nella sua complessità. Perché l’alcol ha
impatti sotto più punti di vista. E anche la nostra politica di intervento
ne tiene conto. Ricordiamo, per esempio, che il Ticino è l’unico cantone che
vieta la vendita di sostanze alcoliche, anche quelle fermentate, a chi ha
meno di 18 anni».

Anche l’OMS ha recentemente confermato che l’assenza di tossicità è solo
quella del consumo zero. Non esiste un consumo non problematico. È questo il
messaggio che volete veicolare?

«Sì, e ne parleremo più approfonditamente in occasione della presentazione
del nuovo programma, con le strategie per il 2025-2028. Ma è così: in
realtà, non esiste un consumo non problematico. Il modo di dire secondo cui
un bicchierino di rosso ogni tanto farebbe bene alla salute, è quindi un
falso storico. È il momento di parlarne in modo aperto, il che non equivale
a demonizzare ogni bevanda alcolica, o a fingere che non esistano i
riscontri positivi legati alla convivialità, alla gioia delle piccole cose.
Ma va anche dichiarato – perché lo sottolinea in primis l’OMS – che non
esistono dosi salutari o non impattanti. Gli aspetti legati alla violenza
che può derivare dal consumo vengono trattati in particolare dalla polizia,
ma i rischi di problemi legati alla modifica dei comportamenti sono
riconosciuti dalla medicina. Sono un tema, e che se ne parli, be’, ben
venga.

Ci sono cerchie o classi d’età più difficilmente raggiungibili dalla
prevenzione. Pensiamo agli emarginati, ma anche agli stessi giovani.

«È un tema classico, in termini di salute pubblica: come raggiungere i
gruppi marginali o marginalizzati. Pensiamo anche solo agli alloglotti, ai
migranti, a varie minoranze. Per noi è un tema quotidiano. E lo è anche in
relazione ai differenti target. Una volta, con giornali e Tv si raggiungeva
tutta la popolazione, mentre oggi ci sono target che seguono solo internet,
altri solo TikTok o Instagram. Ogni fascia d’età ha un suo canale
informativo. E questo complica le cose. Poi sì, possiamo controllare i
divieti di vendita, possiamo pensare a label di qualità per chi organizza
manifestazioni, possiamo mettere in campo varie misure, ma sappiamo che
offerta e attrattività dell’alcol sono reali. Perlomeno, tornando ai
giovani, risulterebbe che il binge drinking sia in calo».

DOCTOR33

Alcol, principale killer sulle strade ma 5 italiani su 10 (*) guidano dopo
aver bevuto

L’alcol è il primo killer sulle strade, “il fattore più rilevante nel caso
di incidenti stradali gravi o mortali”. Lo sottolinea l’Istituto superiore
di sanità, in vista dell’esodo d’agosto

Nonostante l’alcol sia “il fattore più rilevante nel caso di incidenti
stradali gravi o mortali”, sono ancora molti gli italiani che guidano sotto
l’effetto dell’alcol. In vista dell’esodo di agosto, l’Istituto superiore di
sanità fa il punto sui principali rischi di incidente. Dai dati della
sorveglianza Passi relativi al biennio 2021-2022 emerge che “5 intervistati
su 100 (*) hanno guidato sotto l’effetto dell’alcol nei 30 giorni precedenti
l’intervista”. “Il rischio di incidenti aumenta in modo esponenziale quando
la concentrazione di alcol nel sangue raggiunge i 50 milligrammi per 100
millilitro. Inoltre, a parità di alcol assunto, il rischio aumenta al
diminuire dell’età e al diminuire della frequenza di consumo abituale di
sostanze alcoliche”, spiega l’Iss.

I dati

La sorveglianza Passi indica che, nel mese precedente all’intervista, il 5%
degli interpellati si è messo al volante dopo avere bevuto alcol. In
particolare, “avevano assunto 2 o più unità alcoliche un’ora prima di
mettersi alla guida”. Emerge inoltre che “la guida sotto l’effetto
dell’alcol è più frequente nella fascia d’età 25-34 anni (8%) e tra gli
uomini (7% vs 2% fra le donne), e che la quota di giovanissimi che si
mettono al volante dopo aver assunto alcolici è leggermente più bassa che
nel resto della popolazione: nella fascia d’età 18-21 anni ha dichiarato di
aver guidato dopo aver consumato bevande alcoliche il 4% delle persone
raggiunte dall’indagine”. Ma “il dato è comunque preoccupante, perché a
parità di quantità d’alcol alcol ingerita il rischio di incidente aumenta al
diminuire dell’età del conducente – ribadisce l’Iss – e al diminuire della
frequenza di consumo abituale di sostanze alcoliche”. La guida sotto
l’effetto di alcol “è in riduzione costante nel tempo – rileva l’istituto –
ma il calo significativo osservato nel biennio 2020-2021 potrebbe essere
solo il risultato delle misure di contenimento per il contrasto alla
pandemia di Covid-19, dal momento che nel 2022 si torna a un valore analogo
al 2019 e in linea con la tendenza osservata nel periodo pre-pandemico”.

Altri fattori di rischio

Oltre all’alcol, l’Iss elenca altri fattori a rischio incidente.
“Stupefacenti: l’assunzione di allucinogeni, amfetamine, cannabinoidi,
cocaina, oppiacei e altre sostanze – descrivono gli esperti – comporta un
notevole aumento del rischio di incidente, specialmente se accompagnata dal
consumo di alcol. Farmaci: i medicinali che possono interferire con la guida
sono numerosi e largamente utilizzati, come per esempio sedativi, ipnotici,
tranquillanti, antidepressivi, anestetici, antistaminici, farmaci
cardiovascolari, diuretici, ormoni, antidiabetici, antipertensivi. I rischi
rilevati non sono generalmente troppo elevati, ma è comunque utile che il
paziente sia messo in guardia dal medico sui possibili effetti dei farmaci
che assume”. Ancora, dietro un incidente stradale ci possono essere anche
“malattie: epilessia, diabete, malattie cardiovascolari, problemi di vista,
disturbi del sonno, problemi cognitivi – elenca l’Iss – possono aumentare il
rischio di incidenti mortali. Altri fattori umani possono essere alla base
di incidenti. Per esempio l’aggressività, lo stress e la stanchezza; l’uso
di cellulari alla guida, il mancato rispetto delle norme del codice della
strada o il cattivo utilizzo (o la totale mancanza) dei dispositivi di
sicurezza, soprattutto in ambiente urbano”.

(*) Nota: il 5 su 10 del titolo non compaiono nel testo dell’articolo, che
invece parla di 5 su 100. C’è una bella differenza.

REUTERS.COM

L’India prevede di limitare la pubblicità sui produttori di liquori come
Carlsberg, Diageo, Pernod

di Aditya Kalra

NEW DELHI, 4 agosto (Reuters) – L’India, che vieta la pubblicità diretta di
alcolici, è pronta ad annunciare norme radicali che impediranno anche la
pubblicità surrogata e la sponsorizzazione di eventi, che potrebbero
costringere aziende come Carlsberg, Pernod Ricard e Diageo a ridisegnare le
campagne di marketing.

Tali “annunci surrogati” spesso aggirano il divieto mostrando apparentemente
oggetti meno desiderabili, come acqua, CD musicali o bicchieri vestiti con
loghi e tonalità legate al loro prodotto chiave, e spesso promossi da famose
star del cinema di Bollywood.

Ora potrebbero portare multe per le aziende e divieti per le celebrità che
approvano pubblicità di tabacco e liquori ritenute fuorvianti, secondo
l’alto funzionario per gli affari dei consumatori e la bozza di regole
riportata per la prima volta da Reuters.

“Non si può prendere un modo tortuoso per promuovere i prodotti”, ha detto a
Reuters il funzionario, Nidhi Khare, aggiungendo che le regole finali
dovrebbero essere emesse entro un mese.

“Se troviamo che gli annunci sono surrogati e fuorvianti, allora anche
coloro che stanno approvando (i prodotti), comprese le celebrità, saranno
ritenuti responsabili”.

Ad esempio, il produttore di birra Carlsberg promuove la sua acqua potabile
Tuborg in India, con una pubblicità che mostra le star del cinema a una
festa da ballo sul tetto e lo slogan “Tilt Your World”, che riecheggia le
sue pubblicità di birra altrove, decorato con il messaggio: “Bevi
responsabilmente”.

L’annuncio su YouTube del concorrente Diageo per il suo ginger ale Black &
White, che ha attirato 60 milioni di visualizzazioni, presenta i terrier in
bianco e nero del suo scotch con lo stesso nome.

I cambiamenti minacciano un cambiamento epocale per i produttori di liquori
in India, l’ottavo mercato mondiale di alcolici per volume, con un fatturato
annuo stimato da Euromonitor a 45 miliardi di dollari.

La crescente ricchezza tra i suoi 1,4 miliardi di persone rende l’India un
mercato redditizio per artisti del calibro del produttore di birra
Kingfisher, United Breweries (UBBW. NS), apre una nuova scheda, parte della
Heineken (HEIN.AS), apre una nuova scheda che detiene più di un quarto della
quota di mercato in volume.

Famoso per i suoi whisky, Diageo (DGE. L), apre una nuova scheda e Pernod
(PERP. PA), apre una nuova scheda, presi insieme, hanno una quota di mercato
di circa un quinto, mentre per Pernod, l’India contribuisce a circa un
decimo dei ricavi globali.

Le nuove regole prevedono il “divieto di impegnarsi in pubblicità
surrogata”, che si estende alle sponsorizzazioni e agli annunci per prodotti
visti come “estensioni del marchio” che condividono le caratteristiche di un
marchio di alcolici, afferma la bozza.

Le sanzioni previste dalle nuove regole si basano sul diritto dei
consumatori, esponendo i produttori e gli endorser a multe fino a 5 milioni
di rupie (60.000 dollari), mentre i promotori rischiano divieti di
sponsorizzazione che vanno da uno a tre anni.

Carlsberg (CARLb.CO), apre una nuova scheda ha rifiutato di commentare,
mentre altre società non hanno risposto alle domande di Reuters, comprese
quelle sulle vendite di prodotti analcolici.

I membri dell’International Spirits and Wines Association of India, che
rappresenta Diageo e Pernod, “si impegnano a costruire un modo conforme di
costruire attività di estensione del marchio”, ha dichiarato
l’amministratore delegato uscente, Nita Kapoor.

Il gruppo era in trattative con il governo e sosteneva la pubblicità di
estensioni del marchio “autentiche”, ha aggiunto.

IMPATTO SULLA SALUTE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che i divieti o le
restrizioni complete sulla pubblicità degli alcolici “sono misure efficaci
in termini di costi” nell’interesse della salute pubblica.

I suoi dati mostrano che il consumo di alcol pro capite in India salirà a
quasi 7 litri nel 2030, da circa 5 litri nel 2019, un periodo in cui il
consumo del gigante asiatico cinese scenderà a 5,5 litri.

E i decessi correlati all’alcol in India si sono attestati a 38,5 ogni
100.000 abitanti, contro i 16,1 della Cina.

Khare ha detto che la bozza dell’India ha seguito una revisione delle
migliori pratiche globali, in paesi come la Norvegia, che vieta le
pubblicità di alcolici e altri prodotti che si basano sulle caratteristiche
di un marchio di liquori, in restrizioni che secondo i ricercatori hanno
ridotto le vendite di alcolici nel tempo.

La nuova bozza di regole vieta la commercializzazione di articoli come
bibite gassate o CD musicali che utilizzano “un’etichetta, un design, un
modello, un logo simili” a quelli dei prodotti alcolici, mirando
esplicitamente agli sforzi per aggirare gli attuali divieti.

Tuttavia, gli annunci per articoli come bicchieri e lattine di bibite
consentono “ai nomi dei marchi di apparire in tutti i loro annunci, creando
il suo valore di richiamo per i consumatori”, afferma la bozza.

Le nuove regole seguono gli avvertimenti ad alcune aziende produttrici di
liquori, come Pernod, e ad alcune aziende nazionali del tabacco per fermare
gli annunci ingannevoli, ha detto una fonte governativa di alto livello,
parlando a condizione di anonimato.

L’India non è contraria agli annunci di estensione del marchio, ha aggiunto
il funzionario, ma vuole che rappresentino correttamente il prodotto in
mostra, piuttosto che dare ai consumatori l’impressione che l’annuncio sia
per un marchio di liquori.

Un video indiano promosso da Pernod, apparentemente per prodotti in vetro
legati al suo marchio di whisky, Blenders Pride, mostra la star di Bollywood
Alia Bhatt che cammina su una rampa sotto le luci lampeggianti della
discoteca e dice: “La mia vita, il mio orgoglio”.

Sebbene abbia un logo simile a quello del marchio di whisky, il video, che
appare anche sul sito web del Blenders Pride Glassware Fashion Tour, non
mostra prodotti in vetro.

ANSA

Risse tra ragazzini, stretta su controlli alcolici a minori

Comune diffonde avviso a locali e supermercati

In tutti i locali e i supermercati di Muggia (Trieste), compresi anche i
chioschi del lungomare, sono stati distribuiti avvisi che rammentano agli
esercenti il divieto di somministrazione e vendita di alcolici ai minorenni.

Si tratta di un’operazione del Comune nel tentativo di evitare che si
ripetano episodi di disordini con risse e pestaggi da parte di giovani e
giovanissimi.

Questi in alcuni casi avevano infatti anche assunto bevande alcoliche e,
soprattutto, avevano acquistato a Muggia le bevande stesse.

Nell’avviso si ricordano ai titolari delle varie attività anche le
sanzioni previste: per la vendita di bevande alcoliche a minori di 18 anni
la sanzione amministrativa pecuniaria va da 250 a mille euro.

Per la somministrazione di bevande alcoliche a minori di 16 anni, è previsto
l’arresto fino a un anno.

Continuano i controlli per il rispetto del divieto da parte della
Polizia Locale. Più in generale, è da giorni intensificato il monitoraggio
da parte delle forze dell’ordine nella zona.

Associazione Nuovo Paradigma O.d.V. – C.F. 91071720931

Associazione Nuovo Paradigma O.N.L.U.S. – C.F. 91071720931