RASSEGNA STAMPA SU VINO, BIRRA E ALTRI ALCOLICI
A cura di Roberto Argenta, Guido Dellagiacoma, Alessandro Sbarbada
TVSVIZZERA.IT
<www.tvsvizzera.it/tvs/cultura-e-dintorni/la-storia-inebriante-dellhomo-alcoholicus/86879420> www.tvsvizzera.it/tvs/cultura-e-dintorni/la-storia-inebriante-dellhomo-alcoholicus/86879420
Cultura e dintorni
La storia inebriante dell’homo alcoholicus
Bevanda di piacere, stupefacente, alternativa igienica all’acqua, o ancora trattamento contro i vermi intestinali: l’alcol accompagna l’essere umano da sempre.
Piccola storia di un veleno della vita quotidiana.
Isabelle Hausmann, Blog del Museo nazionale svizzero
Si dice che i Germani avessero l’abitudine di pronunciarsi due volte prima di prendere una decisione. Una volta in stato di ebrietà, una volta da sobri. Solo le proposte accettate in entrambi i casi erano approvate. Se si crede a ciò che scriveva Tacito attorno al 100 a.C., le bevande alcoliche erano parte integrante della vita dei popoli germanici. Effettivamente, il vino e la birra furono parte dell’alimentazione di base di numerose civilizzazioni del mondo occidentale per secoli.
La storia cominciò però molto prima. La ricerca ha appurato che i nostri antenati scimmieschi erano già in contatto con l’alcol. Sia il gusto che l’odore di questo legame chimico attivano una regione del cervello che stimola la sensazione di fame. I frutti maturi contengono più zucchero, sono più ricchi di energia e liberano sostanze volatili, ad esempio l’etanolo, che i nostri antenati percepivano a grandi distanze. Nella sua opera Breve storia dell’ubriachezza Mark Forsyth difende la tesi secondo cui, 10 milioni di anni fa, i nostri antenati avevano un debole per i frutti troppo maturi. Una mutazione genetica avvenuta durante quel periodo avrebbe risolto il problema della metabolizzazione dell’alcol da parte dell’organismo.
Bevanda igienica e fortificante
Nel Neolitico, quando l’essere umano si sedentarizzò e iniziò a coltivare la terra, alcune civilizzazioni si misero a produrre sistematicamente delle bevande alcoliche. L’acido tartarico ha lasciato delle tracce ben visibili nei contenitori e gli archeologi sono oggi in grado di confermare la presenza di alcol: le prime tracce trovate in Cina sono datate a circa il 7’000 a.C., quelle trovate in Iran e nel bacino del Mediterraneo sono leggermente più tardive. Oltretutto, numerose rappresentazioni che figurano su statuette e tavole rivelano che, millenni prima della nostra era, birra e vino costituivano già prodotti di piacere e alimenti (sì, alimenti!) quotidiani in Mesopotamia, Assiria, Babilonia e Creta.
In Egitto, ad esempio, si è evidenziato per molto tempo il valore nutritivo della birra a causa del suo tenore in vitamine e oligoelementi. Inoltre, la birra era spesso meno sporca dell’acqua, il che ne fece una bevanda dissetante apprezzata per secoli. Nell’XI secolo, l’abate anglosassone Ælfric scriveva: “Bevo birra quando ne ho e dell’acqua quando non ho birra”.
Oltre alla funzione dissetante, anche le virtù terapeutiche dell’alcol sono state decantate a lungo. Nel XIII secolo, il medico catalano Arnau de Villanova descrisse come aiutava a combattere contro i vermi intestinali e a prevenire il mal di mare. Fino al XX secolo, la medicina occidentale raccomandava il consumo di birra ad alcuni gruppi di persone. Il ricercatore svedese Carlo Linneo notò nel 1784 che la birra aveva effetti benefici per chi era “magro e disidratato così come per coloro che effettuavano lavori manuali duri, aiutandoli a resistere”. Fino a un centinaio di anni fa, l’alcol era inoltre la sola sostanza analgesica e anestetizzante usata in medicina, oltre che un efficace antisettico.
I liquori come elisir di lunga vita
È tuttavia soprattutto l’effetto inebriante a sedurre l’umanità. I liquori, le bevande ad alta gradazione alcolica, sono particolarmente indicati per raggiungere questo stato. Tuttavia, la loro produzione necessitò innanzitutto dell’invenzione della distillazione. Furono probabilmente i chimici arabi del Nordafrica a introdurla nel X secolo. Se da un lato è difficile sapere quando questo tipo di produzione si diffuse in Europa, dall’altro si sa che l’alcol distillato è menzionato in opere di medicina o di alchimia a partire dal XV secolo. Nei due secoli seguenti, infaticabili distillatrici e distillatori produssero in Europa occidentale ogni sorta di liquore (whisky, gin, brandy, …) battezzati “aqua vitae” (acqua della vita, poi “acquavite”). La frenesia dell’alambicco fu all’origine di una crisi sociale nella Londra dell’inizio del XVIII secolo, il cui colpevole fu il gin. Secondo un articolo del London Magazine, il gin “si commerciava in quasi tutte le case, spesso in cantina”. Con un alto tenore alcolico (anche fino all’80%) e a buon mercato (la sua produzione non era tassata né necessitava di una licenza) era particolarmente apprezzato dalle fasce più povere, che bevevano anche gin tagliato con la trementina e l’acido solforico. Il forte consumo di gin ebbe conseguenze catastrofiche. In Gran Bretagna, il tasso di mortalità dovuto all’abuso di alcol superò quello di natalità. Disperato, il Governo fece votare varie leggi per tentare di ridurre il consumo di alcol, introducendo ad esempio delle licenze di mescita. Negli anni Cinquanta del XVIII secolo una serie di pessimi raccolti fece il resto e mise fine al periodo buio che sarebbe entrato nella storia come “Gin craze” (“La follia del gin”).
All’interno delle frontiere dell’odierna Svizzera, il consumo di superalcolici restò entro limiti ragionevoli fino alla fine del XVIII secolo. Fu solo quando la patata fece la sua comparsa nell’agricoltura del Paese che il vento cambiò. Il tubero si prestava meravigliosamente alla produzione di un’acquavite chiamata “Hardöpfeler” (grappa di patate). Numerosi piccoli contadini e famiglie di artigiani che l’industrializzazione aveva spinto verso la rovina si lanciarono nella distillazione della patata per avere una possibilità di sopravvivere. Ciò fece anche aumentare il consumo, sia tra la popolazione contadina che tra gli operai delle fabbriche per i quali l’acquavite era un modo efficace di alterare la mente dopo una lunga giornata di lavoro. Lo storico svizzero Jakob Tanner scrisse in proposito: “L’ubriachezza era l’altra parte; era staccarsi, sprofondare e scomparire”.
Il problema dell’alcol
Tutti sanno che il consumo d’alcol non è privo di conseguenze. È la conclusione a cui giunsero molti medici alla fine del XVIII secolo in Scozia, Germania e Stati Uniti evocando nei loro scritti il concetto di “dipendenza dall’alcol” e sconsigliandone il consumo smodato. In Svizzera, il medico ginevrino Ernest Naville fu uno dei primi, nel 1841, a studiare l’alcolismo e a elencarne diverse cause, ad esempio il facile accesso e il prezzo basso, la cultura della “libertà e dell’ebrietà” nell’esercito o la precarietà dell’alloggio. Un movimento di moderazione e d’astinenza ispirato al modello statunitense emerse anche in Svizzera. Nel 1877, il pastore protestante ginevrino Louis Lucien Rochat fondò la Croce Blu per aiutare le persone alcolizzate. Anche a livello federale si riconobbe la necessità di agire sulla “questione dell’alcol”: a metà degli anni Ottanta del XVIII secolo, la Confederazione introdusse il monopolio federale dell’alcol e la decima dell’alcol. Apparentemente, queste misure portarono i loro frutti, poiché il periodo dell’alcolismo provocato dalla miseria fu considerato terminato a partire dagli anni Trenta del XX secolo in Svizzera … anche se si beveva sempre copiosamente.
Secondo la fondazione Dipendenze Svizzera, oggi circa l’85% dei e delle giovani in Svizzera di più di 15 anni consuma regolarmente dell’alcol. Quasi il 9% di questi ne consuma quotidianamente e circa 250’000 ne sono dipendenti (non riescono – o faticano molto – a farne a meno). In un recente studio, l’Organizzazione mondiale della sanità ricorda che l’alcol non è esente da conseguenze nefaste sulla salute, qualunque sia la quantità consumata, il che significa che il rischio emerge fin dal primo sorso. Che serva a dissetarsi, curarsi o a sollevarsi il morale, l’alcol accompagna l’essere umano dalla notte dei tempi. C’è da scommettere che l’ora della sua scomparsa non è ancora suonata.
IL MESSAGGERO
Messa e Spritz a Urbino, scoppia la polemica.
Il frate: «È un evento per i giovani»
L’idea della parrocchia universitaria di Urbino per attirare i giovani suscita discussioni online tra chi la ritiene troppo profana e chi la prende con ilarità e simpatia
Un aperitivo Spritz offerto per chi va a Messa. È l’idea della parrocchia universitaria di Urbino per attirare i giovani, promossa da Don Andrea Ricatti, padre dell’Ordine dei Frati Minori, che ha scatenato le polemiche online.
Il manifesto dell’iniziativa affianca l’immagine della bevanda da aperitivo e la chiesa di San Domenico con la scritta “2Xuno” in cui la O riempita da un Cristo. A destra si legge: «Dopo la Messa, apericena e spritz, offerti per tutti». Un’immagine che condivisa online è diventata subito virale, suscitando discussioni tra chi accusa il carattere troppo “profano” del manifesto e chi la prende con ilarità.
Sui social c’è chi critica l’iniziativa, ma anche chi la prende a ridere. Decine di utenti si sono scatenati con commenti simpatici come «Offerto dal parroco Don Perignon» oppure “Aperimessa”.
Tanti altri hanno invece sostenuto il parroco, lodando l’iniziativa come “un ottimo modo per avvicinare i giovani”.
Il frate organizzatore: «Grazie della pubblicità, è un evento per i giovani»
E non è tardata ad arrivare la risposta degli organizzatori: «Grazie per la pubblicità, ve ne siamo riconoscenti» commenta Don Andrea Ricatti, padre dell’Ordine dei Frati Minori. «Sono il frate che con la parrocchia universitaria di Urbino ha organizzato questo appuntamento per giovani, se passate da Urbino siete i benvenuti, noi vi aspettiamo per scambiare due chiacchiere. Pace e bene a tutti». E ben 319 mi piace testimoniano che l’iniziativa alla fine ha riscosso un bel successo.
IL RESTO DEL CARLINO
Ubriaco a Cervia, poliziotti feriti: si taglia con un coccio di vetro e scatena la rabbia contro gli agenti
Uno dei due operatori della Volante si è rotto una gamba ed è stato operato all’ospedale di Ravenna. L’uomo, un 40enne tunisino, è stato arrestato per r esistenza, oltraggio e lesioni a pubblico ufficiale
Due poliziotti sono rimasti feriti ieri mattina in pieno centro a Cervia durante un rocambolesco episodio che ha portato all’arresto di un uomo. Dopo le risse e le rapine, avvenute dall’inizio dell’estate nella nostra riviera, con tanto di arresti, ieri a Cervia è accaduto l’ennesimo episodio di cronaca.
Sembrava una mattinata tranquilla nella località rivierasca, anche grazie al potenziamento dei controlli delle forze dell’ordine deciso durante il comitato per la sicurezza pubblica riunitosi in prefettura nei giorni precedenti al Ferragosto. Purtroppo però il dispiegamento di forze non è bastato, anzi a farne le spese sono stati proprio due agenti, inviati dal Ministero a supporto per la stagione, in servizio presso il presidio estivo di polizia di Pinarella.
Erano circa le 9.40 quando, vicino alla Torre San Michele, nel cuore di Cervia, un uomo visibilmente ubriaco ha iniziato a procurarsi dei tagli sul corpo con un coccio di bottiglia. Ad accorgersi di quanto stava accadendo è stata una donna che passava di lì in quel momento, la quale ha subito allertato una Volante in transito. I poliziotti a bordo hanno prontamente raggiunto l’ubriaco cercando di riportarlo alla ragione. Alla vista degli agenti, però, l’uomo ha dato in escandescenze e si è scagliato contro di loro. Nella colluttazione i poliziotti, di 53 e 22 anni, sono rimasti feriti. Il primo, cadendo, ha riportato una brutta frattura a tibia e perone che ha richiesto un intervento chirurgico avvenuto all’ospedale di Ravenna da dove è stato dimesso con una prognosi di un mese; il secondo ha riportato ferite più lievi.
Sul posto sono stati inviati rinforzi e l’ubriaco, un quarantenne originario della Tunisia domiciliato a Cervia, è stato arrestato per resistenza, oltraggio e lesioni a pubblico ufficiale. Dell’episodio di ieri, l’ennesimo di cronaca avvenuto nella nostra riviera dall’inizio dell’estate, è stato informato il pm di turno Raffaele Belvederi e nei prossimi giorni in tribunale a Ravenna si terrà l’udienza di convalida.
FANPAGE
Il vino dealcolato è un “orrore”: la nuova crociata del duo Lollobrigida-Coldiretti, contro le aziende italiane
Dal 2021 è in vigore un regolamento Ue che disciplina la produzione del vino dealcolato, quello cioè a cui è stata sottratta la componente alcolica. Fino a oggi però, a causa anche dell’opposizione di Coldiretti, il ministero dell’Agricoltura guidato da Francesco Lollobrigida non ha dato seguito alla normativa europea. Intanto però la domanda di prodotti alcol free è in continua crescita, soprattutto tra le nuove generazioni e le nostre etichette rischiano di perdere terreno su questo mercato, rispetto agli altri Paesi produttori.
di Marco Billeci e Luigi Scarano
Ad inizio ottobre 2022, Coldiretti organizza al Parco Sempione di Milano uno dei suoi Villaggi Contadini. La kermesse segna, tra l’altro, la prima uscita pubblica di Giorgia Meloni, dopo la vittoria elettorale delle politiche. Ed è il prologo del patto di ferro, che il suo governo stringerà con la principale associazione degli agricoltori italiani. Al Villaggio di Milano c’è tra le altre cose un’esposizione, intitolata “Gli Orrori della Tavola”. Qui, tra la farina d’insetti e la carne in provetta, si trova in mostra anche il vino dealcolato. Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini lo ha definito: “un precedente pericolosissimo, rappresenta il grosso rischio che venga omologata al ribasso una produzione d’eccellenza italiana, come il vino”. Come in molte altre occasioni, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida si accoderà poi alla narrazione di Coldiretti e diventerà per lungo tempo un pasdaran, davanti alla ‘minaccia’ del dealcolato. Ma le cose stanno davvero come le descrivono Prandini e Lollobrigida?
Martin Foradori Hofstätter viene da una storica tradizione di viticoltori altoatesini, che dura da quattro generazioni. La sua ‘fedeltà’ al vino italiano d’eccellenza è indiscutibile. Però, come dice lui, “anche se rimango attaccato all’alcol e spero di continuare a farlo, mio padre mi ha insegnato a tenere gli occhi e le orecchie sempre aperti”. Così, quattro anni fa, Hofstätter si è accorto che il consumo del vino stava cambiando e accanto alle bottiglie ‘tradizionali’ ha iniziato a produrre anche vino e spumante dealcolati. Oggi questa produzione vale più di 100mila unità vendute all’anno ed è in continua crescita. Il dealcolato Hofstätter lo produce in Germania per poi venderlo, soprattutto in Italia. Nella sua azienda a Termano, in Alto Adige, invece non può farlo, perché le leggi italiane non lo consentono. Dice l’imprenditore, “quella della politica italiana è una forma di autolesionismo senza confini. Sull’altare sacro del vino, si sta sacrificando una possibilità economica per le aziende italiane, trascurando importanti esigenze di mercato”.
Cos’è il vino dealcolato
A questo punto, tocca fermarsi un attimo e spiegare di cosa stiamo parlando. Il vino dealcolato non è un succo d’uva, come da più parti si è cercato di far credere, creando una certa confusione. Si tratta invece di una bevanda ottenuta partendo dal processo tradizionale di vinificazione e sottraendo in un secondo momento – del tutto o in parte – la componente alcolica, tramite diverse tecniche, principalmente con la distillazione. Per lungo tempo si è dibattuto se un prodotto del genere potesse essere denominato vino. Ancora il 15 aprile 2024, intervenendo sul tema all’apertura del Vinitaly a Verona, il ministro Lollobrigida tuonava: “Non chiamiamolo vino!”
In realtà, sul fatto che il dealcolato possa essere chiamato vino non ci sono dubbi, perché così stabilisce un Regolamento dell’Unione europea del 2021. Il Regolamento (vincolante per gli Stati membri) sancisce principi e criteri per la produzione e la commercializzazione del vino dealcolato. Ma lascia alla giurisdizione dei singoli governi nazionali la definizione degli aspetti di loro competenza, primo tra tutti quello fiscale. Un punto che coinvolge, tra l’altro, il trattamento da riservare al liquido residuo, ottenuto dal processo di dealcolazione. E qui casca l’asino. Senza addentrarsi nei dettagli tecnici della discussione, basti dire che il governo italiano non ha ancora normato la materia, rendendo così di fatto impossibile, per le aziende italiane, produrre vino dealcolato sul nostro territorio.
Da almeno un anno, una bozza di legge sull’argomento è chiusa nei cassetti del ministero dell’Agricoltura. Chi ha letto il testo lo giudica migliorabile su diversi aspetti, ma comunque una buona base di partenza, per sbloccare la situazione. Fonti interne al Masaf però sostengono che fino a oggi le pressioni dei soggetti – Coldiretti in primis – contrari tout court al dealcolato abbiano bloccato ogni tipo di confronto. D’altra parte, sempre a margine del Vinitaly, Lollobrigida aveva affermato che il vino alcol free “può aprire fette di mercato però rischia di chiuderne altre, che sono alla base della storia del nostro Paese”. Anche nel mondo dei viticoltori italiani, tuttavia, in tanti la pensano diversamente.
Un’offerta per la generazione Z
L’Unione Italiana Vini (Uiv) è stata una delle prime associazioni di categoria a dar voce alle aziende che reclamano la possibilità di produrre dealcolato, anche in Italia. Dice a Fanpage.it il segretario generale di Uiv Paolo Castelletti: “Il vino dealcolato non andrà mai a rubare quote di mercato a quello tradizionale, perché risponde a esigenze di mercato che sono profondamente diverse”. E prosegue: “c’è oggi una platea che va verso il consumo di prodotti meno alcolici o addirittura non alcolici, per varie motivazioni di tipo salutistico o religioso”. Insomma, secondo questa analisi, il vino dealcolato non sarebbe un concorrente di quello classico, ma permetterebbe di ampliare il numero di consumatori, coinvolgendo chi per diversi motivi al momento non può o non vuole bere alcol. Basti pensare alla popolazione di religione islamica, dentro e fuori dall’Italia. Ma soprattutto alla cosiddetta generazione Z.
Secondo una ricerca di Swg presentata insieme all’Unione Italiana Vini nel corso del Vinitaly 2024, il 36 percento degli italiani sarebbe interessato alle bevande dealcolate. Tra questa platea, il 51 percento è nato tra la fine degli anni ’90 e il 2010. Fra le motivazioni della scelta, in testa c’è la possibilità di guidare alla fine di una serata, seguita dall’opportunità di godere dell’aperitivo senza consumare alcol e dal poter bere assumendo meno calorie. Queste tendenze sono confermate dai riscontri sul mercato statunitense, il primo a segnare la svolta in direzione del consumo alcol free. Secondo Martin Hofstätter, il trend si è manifestato anche nel corso dell’ultima kermesse veronese: “mentre prima eravamo noi a proporre il prodotto, quest’anno c’era la gente che ci cercava e questo è un segnale molto positivo”.
Al momento, l’unica opzione per le aziende italiane che vogliono commerciare dealcolato nel nostro Paese rimane quella di portare il vino fuori confine, lì estrarre l’alcol e procedere al confezionamento, per poi riportare il prodotto in Italia e venderlo. Questa procedura comporta ovviamente un notevole aumento dei costi, con il risultato di rendere le nostre etichette meno competitive rispetto a quelle dei partner europei, che sul tema sono molto più avanti, come Francia, Germania o Spagna. Con il rischio di rendere irrecuperabile il terreno perso, anche nell’ambito dell’export fuori dall’Ue. Peraltro, in questo modo viene negata la possibilità di provare a utilizzare la quantità non trascurabile di vino invenduto, che rimane nelle cantine dei nostri produttori.
Il tavolo al ministero
L’11 luglio 2024, parlando all’assemblea dell’Unione Italiana Vini a Roma, il ministro Lollobrigida è sembrato tornare parzialmente sui propri passi e ha annunciato l’apertura di un tavolo tecnico al ministero sul vino dealcolato. La prima convocazione del tavolo dovrebbe arrivare a settembre. Il segretario generale di Uiv Paolo Castelletti ha accolto favorevolmente l’apertura di Lollobrigida: “Mi sembra che molte questioni siano state comprese. Motivo per il quale io sono fiducioso”. Martin Hofstätter invece rimane scettico: “Non è un tema nato nelle ultime settimane, ne stiamo discutendo da anni”. Secondo Castelletti, però, ora si è arrivati a un punto di svolta: “Credo che ci fosse una riserva di tipo ideologico. Poi in realtà iniziando ad assaggiare prodotti nell’ultimo anno, quando anche la tecnologia ha fatto passi da gigante, ci si è resi conto che i dealcolati non sono male. E soprattutto rispondono a una richiesta del mercato, che il mondo del vino non riuscirebbe comunque a soddisfare”.
In attesa dell’inizio del confronto al ministero, è facile immaginare che l’atteggiamento di Coldiretti peserà non poco sulla possibilità di arrivare a una soluzione della querelle. Nel frattempo, rimane sospesa la stessa domanda che vale per le altre crociate di Lollobrigida, contro la presunta invasione di nuovi prodotti sulle tavole degli italiani. E cioè, perché no? Perché lo Stato deve decidere cosa i suoi cittadini devono mangiare o bere, senza dare loro la possibilità di scegliere? E perché negare alle aziende nostrane che lo volessero la possibilità di misurarsi con nuovi prodotti, contribuendo anche allo sviluppo della tecnologia in materia? Al ministro, l’onere di dare una risposta.
WINENEWS
Mentre l’Italia è in vendemmia, in cantina ci sono 39,6 milioni di ettolitri di vino in giacenza
I dati al 31 luglio del report “Cantina Italia” by Icqrf. 20 denominazioni mettono insieme quasi 6 litri di vino su 10 tra Dop e Igp
Con un pezzo di Italia, soprattutto al Sud, già in vendemmia, nelle cantine del Belpaese, al 31 luglio 2024, erano a dimora 39,6 milioni di ettolitri di vino (-13,1% sullo stesso dato 2023) e 2,5 milioni di ettolitri di mosti (-28%), oltre a 37.087 ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione (-16,7%). Così recita l’ultima edizione del report “Cantina Italia” n. 8 del 2024, pubblicato pochi giorni fa sul sito del Ministero dell’Agricoltura, e redatto dall’Icqrf sulla base dei dati del Registro telematico di cantina.
Un dato che, in sintesi, è in linea con il volume di produzione della scarsa vendemmia 2023. In particolare, il 59,2% del vino è detenuto nelle regioni del Nord, prevalentemente nel Veneto. Il 56,9% del vino detenuto è a Dop, il 24,4% a Igp, mentre i vini varietali costituiscono appena l’1,5% del totale, ed il 17,2% è rappresentato da altri vini generici. Come sempre, le giacenze di vini a Indicazione Geografica sono molto concentrate; 20 denominazioni su 529 contribuiscono, infatti, al 57,6% del totale delle giacenze, con il solo Prosecco Doc che vale l’11,6% di tutte le giacenze, con 3,7 milioni di ettolitri, seguito da Igt Puglia (1,4 milioni di ettolitri), Igt Toscana (1,2 milioni di ettolitri), Igt Salento (1,07), e ancora Doc Sicilia (994.044 ettolitri), Chianti Docg (986.303) e Montepulciano d’Abruzzo (954.895 ettolitri).
Dopo la scarsa vendemmia dell’anno passato, il dato, aggiornato al 30 novembre 2023, con la raccolta ormai conclusa, parlava di 53,1 milioni di ettolitri di vino in giacenza, oltre ad 8,8 milioni di ettolitri di mosti e 8,4 milioni di ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione. Alla stessa data 2024, tra una vendemmia complicata ma ad oggi prevista di certo più abbondante dell’ultima, ed un mercato non brillante, il dato, con ogni probabilità, potrebbe essere ben più elevato.
LA NAZIONE Pisa
Troppo alcol in strada a 13 anni. Ragazzina finisce in ospedale
Sono state le guardie zoofile del Nogra a prendersene cura, dopo l’aiuto di una giovane.
Pisa, 19 agosto 2024 – Per prima è stata soccorsa da una giovane che ha capito il pericolo e l’ha fatta salire su un autobus per poi farla scendere in piazza. Proprio là, infatti, si trovavano le guardie zoofile Nogra, sezione di Pisa, in servizio per la notte di Ferragosto dalle 19.30 alle 3.30. La ragazzina di 13 anni aveva un tasso di alcol evidentemente elevato. La pattuglia, che si trovava in piazza delle Baleari a Marina, ha allertato il 118 che ha inviato un’ambulanza. I sanitari hanno quindi portato per precauzione la giovanissima in ospedale, rassicurata anche dai familiari.
IL GIORNO
Dervio, ragazzo di 18 anni ubriaco cade nel lago
L’incidente nella notte nella zona del porto di Santa Cecilia. Tratto in salvo prima che rischiasse di annegare
Ubriaco nel posto sbagliato e nell’ora sbagliata, ammesso che ci siano un luogo e un orario giusto per bere troppo. Nella notte un ragazzo di 18 anni è finito nel lago a Dervio. Era talmente ubriaco da non reggersi nemmeno in piedi. Mentre si trovava nella zona del porto di Santa Cecilia, ha così perso l’equilibrio ed è caduto in acqua. Si è temuto che annegasse, anche perché, a causa del buio, chi era con lui non riusciva più a scorgerlo. Oltre ai sanitari di Areu e ai volontari della Croce Rossa di Colico, sono stati così mobilitati pure mobilitati i vigili del fuoco. Quando i soccorritori sono arrivati sul posto, il 18enne era però già riuscito da solo a trascinarsi a terra. Dopo la prima assistenza, è stato trasferito d’urgenza in ospedale a Gravedona. Le sue condizioni non sono gravi, era appunto solo ubriaco, oltre che infreddolito e bagnato fradicio per il pericoloso bagno notturno fuori programma.
LA VOCE DEL POPOLO
Vir (Puntadura). Auto travolge una famiglia: un morto e 4 feriti
Un’intera famiglia distrutta da un incidente stradale provocato da un conducente ubriaco. È quanto avvenuto a Vir (Puntadura) sabato sera quando una macchina, che stava procedendo a velocità sostenuta, ha travolto madre, padre e tre figli provenienti dall’area di Križevci che stavano camminando sul ciglio della strada in quanto in quel tratto non c’è il marciapiede. La tragedia è avvenuta sulla viabile denominata Put Lozica che collega il centro dell’isola con le frazioni di Lozice e Torovi. Il sinistro si è verificato alle 23.40 quando la vettura ha investito i quattro pedoni. La donna di 24 anni è morta sul colpo mentre l’uomo e i loro bambini minorenni sono rimasti feriti e trasportati all’ospedale di Zara.
Come fatto sapere dal nosocomio e riportato dal portale 24sata un bimbo di 3 anni e sua sorella di 4 hanno riportato gravi lesioni alla testa e nella notte tra sabato e domenica il piccolo è stato sottoposto a intervento chirurgico. “Il padre di 28 anni si trova nel reparto di terapia intensiva. Le sue ferite al bacino, ai polmoni e alla gamba sono molto gravi ma non è in pericolo di vita”, ha dichiarato il chirurgo Nediljko Jović aggiungendo che l’uomo è stato operato. Il terzo figlio, un bimbo di 11 mesi, è ha riportato lievi lesioni.
Il terribile sinistro è avvenuto su un tratto di strada privo di marciapiede. Sui social network è esplosa la rabbia degli abitanti del luogo in quanto molto spesso in quella zona le macchine sfrecciano ad alta velocità mentre i pedoni non hanno altra scelta che camminare sul margine della strada.
“Sapevamo che c’era stato un incidente e siamo corsi ad aiutare perché quella zona è disabitata, non ci sono case lungo la strada. Due auto si erano già fermate per prestare soccorso, abbiamo visto un’auto ribaltata sul tetto, una carrozzina e la gente ha commentato che l’autista aveva travolto una famiglia con tre bambini che stava camminando. Non è la prima volta che assistiamo ad un incidente stradale su quella viabile, piena di curve, dove gli automobilisti spesso accelerano, mentre non c’è illuminazione, né marciapiede. L’anno scorso quasi nello stesso posto morì un motociclista – ha dichiarato Antun di Zaprešić, che trascorre l’estate a Vir al portale 24sata –. Presto è arrivata l’ambulanza, l’equipe edica si è presa cura dei bambini, poi sono arrivati la polizia e i vigili del fuoco, e purtroppo hanno subito detto che la madre dei bimbi era morta. L’autista era sconvolto, sotto shock, e la scena era raccapricciante”.
La macchina, una Fiat Punto con targhe zaratine, che ha investito la famiglia di Križevci in vacanza a Vir, dopo l’impatto si è ribaltata. Il suo conducente, cittadino croato di 29 anni messosi al volante in preda ai fumi dell’alcol, con un tasso alcolemico dell’1,75 per mille, e il passeggero che si trovava a bordo, sono stati estratti dai vigili del fuoco.
Il sindaco di Puntadura, Marino Radović, ha espresso cordoglio ai familiari delle vittime augurando una pronta guarigione alle persone ferite nell’incidente che ha sconvolto gli abitanti dell’isola.
ANCONA TODAY
Falconara Marittima
Giovani sorpresi a bere birre e superalcolici in spiaggia, raffica di sanzioni con l’ordinanza anti-alcol
FALCONARA- Alcol consumato in spiaggia al di fuori degli spazi destinati alla somministrazione, pioggia di sanzioni a Falconara. Negli ultimi quattro giorni, in occasione del Ferragosto, la polizia locale ha intensificato la vigilanza del territorio, in particolare lungo il litorale falconarese, per evitare eccessi e comportamenti in grado di compromettere la civile convivenza. In momenti diversi, otto giovani tra i 20 e i 40 anni sono stato sorpresi nella spiaggia libera della zona nord, vicino al sottopasso della stazione e all’altezza del cavalcavia Tramontana, a bere birra o superalcolici, in alcuni casi in stato di ubriachezza manifesta. I trasgressori, di origine polacca, ucraina e nordafricana, si sono visti confiscare le bevande, mentre i giovani ubriachi sono stati ulteriormente sanzionati. Per loro è scattato anche l’ordine di allontanamento dal centro cittadino. A tutti è stata elevata la sanzione di 166 euro, come previsto dall’ordinanza anti-alcol, il provvedimento che dal maggio scorso vieta il consumo di alcolici anche in spiaggia al di fuori degli spazi autorizzati alla somministrazione. L’ordinanza ha lo scopo di prevenire l’abuso di alcolici e le conseguenze negative sulla sicurezza. Lungo il litorale è possibile consumare bevande alcoliche somministrate negli chalet, alcuni clienti possono portarle sotto l’ombrellone, nel caso in cui il gestore preveda questa possibilità. E invece vietato introdurre bevande alcoliche in qualsiasi altro modo. «La sicurezza è una priorità dell’amministrazione – dice il sindaco Stefania Signorini – ed il ruolo della nostra polizia locale si dimostra ancora una volta strategico, perché il presidio del territorio è fondamentale affinché vengano osservate le norme, comprese le ordinanze che ho predisposto per garantire il rispetto reciproco. L’impegno degli agenti del Comando falconarese si è intensificato nei giorni di festa, quando tante persone si sono ritrovate nei luoghi pubblici e sulla spiaggia per trascorrere insieme i momenti di svago. Per questo li ringrazio».
LA NAZIONE
Tampona auto con 3 bambini. Era ubriaca
Una donna ubriaca tampona un’auto con tre bambini a bordo a Marina di Grosseto durante la notte dei fuochi. Nessun ferito grave, ma il traffico rimane congestionato a lungo.
Aveva alzato un po’ il gomito ma si era comunque messa alla guida. E ha tamponato un’auto con tre bambini a bordo. Succede nellla notte dei fuochi a Marina di Grosseto, nella serata tra venerdì e sabato. Il tamponamento si è verificato in via Eritrea, fra il lungomare e Villa Gaia, in un’arteria strategica per Marina, specie in una giornata di punta come quella del 16 sera con i fuochi. La donna di 39 ha tamponato violentemente la con la sua Bmw jeep sulla quale viaggiava una famiglia con i tre bambini a bordo, seduti tutti e tre sui sedili posteriori. Nessuno dei coinvolti ha riportato ferite particolari: tutti si sono fatti medicare sul posto dai soccorsi che sono intervenuti.
Sul posto anche gli agenti della polizia stradale che hanno effettuato l’alcoltest a chi era al volante. Il guidatore dell’auto tamponata era a zero mentre chi era alla guida della Bmw aveva un tasso alcolemico doppio di quello consentito. Ripercussioni anche sul traffico con la strada che è rimasta congestionata per ore.